di Laura Salvioli
Alejandro González Iñárritu non è un regista facile, i suoi film chiedono tanto allo spettatore e questo mi piace. Praticamente te li devi guadagnare, conquistare, come tutte le cose belle della vita. Vanno sudate sì, ma poi sono le migliori. Questo regista messicano ha iniziato la sua carriera in patria per poi proseguirla negli Usa. La sua opera prima, Amores Perros, è stata candidata come miglior film straniero agli Oscar ed ha vinto il Premio della Critica a Cannes e il premio come Miglior Film non in lingua inglese ai Bafta. Inoltre, è colui cha ha fatto, finalmente, vincere l’Oscar a Leonardo di Caprio con il suo The Revenant (anche se non dirò mai abbastanza che avrebbe dovuto vincerlo per The Wolf of Wall street).
Questo suo ultimo film è prodotto da Netflix quindi lo potete vedere comodamente sul vostro divano. Il titolo credo si riferisca ad entrambi i significati del termine “bardo” che vuol dire sia antico poeta cantore, sia stato intermedio sospeso tra vita e morte. Come accennavo, non è facile da seguire all’inizio, in quanto è un film onirico in cui non si capisce cosa sia vero e cosa falso ma, se gli concedete un po’ di tempo, non vi deluderà. La trama è incentrata sulla vita di un giornalista documentarista messicano che ha molto in comune con il regista e che torna in Messico per ritirare un premio. Il protagonista ormai vive in America con la moglie e lì ha fatto crescere i suoi due figli. Tuttavia, è ancora molto legato alla sua terra, alla sua storia e persino alla sua condizione di degrado di cui sembra avere nostalgia. La sceneggiatura è molto sagace e ironica e tutte le scene oniriche non sono messe lì per caso, ma hanno scopo di infondere nello spettatore un preciso sentimento, un’emozione che solo qualcosa di surreale può rendere ancora più reale. Come la scena in cui il protagonista crede, dentro un bagno, di parlare nuovamente con il padre defunto e lo vede grande come se lui fosse ancora un bambino. Una trovata semplice ma che rende perfettamente quella sensazione di sentirsi eternamente bambini di fronte ai propri genitori, soprattutto se li si è idealizzati. Il film ha poca trama ma molta sceneggiatura disseminata di frasi geniali come: “Chi non sa scherzare non merita di essere preso sul serio” o “Sono stufo di dire cosa penso e non cosa sento”.
Ovviamente, non posso dirvi molto altro ma è un film che mi ha ricordato che dobbiamo dare valore a noi stessi, ascoltarci. Perché alla fine la vita è una serie di eventi senza senso e solo la nostra accettazione e reazione ad essi può cambiare le cose. Solo la nostra capacità di rielaborare i nostri traumi, anche con ironia a volte, (che è una forma estrema di sublimazione della sofferenza) ci permetterà di fare il passaggio finale e vivere veramente.
(3 gennaio 2023)
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