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giovedì, Novembre 21, 2024

Baby Reindeer. Uno psicodramma catartico e pieno di coraggio

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di Laura Salvioli

Dall’11 aprile è disponibile su Netflix questa miniserie di 7 episodi che vi consiglio, vivamente, di vedere. Premetto che io adoro le miniserie che sono come dei film maggiormente lunghi che permettono di approfondire nel modo giusto una storia. Specialmente se si tratta di una storia vera come in questo caso. Il protagonista è Donny Dunn un aspirante comico che cerca di sfondare ma che per mantenersi lavora in un pub. Durante un suo normale turno di lavoro entra nel locale una donna corpulenta più grande di lui, Martha. È visibilmente scossa e Donny, alla maniera britannica, o forse mosso da un afflato di gentilezza, le offre una tazza di thè. Da questo innocente gesto partirà una vera e propria persecuzione ai danni del nostro protagonista. La trama è semplice, tuttavia, il modo in cui si sviluppa, no. Nulla è presentato in modo semplicistico o banale. Il confine tra vittima e carnefice è labile. Non solo, andando avanti con gli episodi, scopriamo sempre di più sulla nostra vittima, sulla sua vita passata, sul suo sogno di diventare comico. Questa serie è un esperimento audace in cui nulla viene presentato in modo netto e, dunque, banale. E ci ricorda che i confini tra bianco e nero hanno in sé mille sfumature. A partire dal fatto che il protagonista della serie è l’attore Richard Gadd che è autore della serie e che ci racconta con essa della sua personale esperienza di vita. Pensate, infatti, che tutti i messaggi che appaiono nello show sono stati scelti tra quelli realmente inviati al protagonista dalla vera stalker. Sembra di vedere, quindi, una sorta di psicodramma portato all’estremo. Lo psicodramma è, infatti, una forma di psicoterapia che consiste nel mettere in scena esperienze traumatiche della propria vita in una pantomima che, dovrebbe aiutare a rielaborare il trauma subito. Esattamente come fa questa serie. Nel monologo che lo ha reso famoso Gadd e che, ovviamente è riportato nella serie tv, lui dice che si sente come se stesse scappando senza sapere neanche più dove andare. Ecco lo psicodramma, invece, e la terapia in generale, hanno la volontà di farci vivere in profondità i traumi per superarli.

E sebbene io abbia una visione molto più riservata dei drammi personali e, prima di vedere questa serie avrei considerato questo “mettere in piazza” le proprie esperienze private, una strumentalizzazione delle stesse, con questa serie ho cambiato idea. Ho capito il valore catartico di condividere. Non c’è strumentalizzazione ma normalizzazione, c’è così tanto coraggio che ne avanza anche per darne a chi non è ha ancora avuto. E non solo, anche il modo di presentare la sua carnefice Martha è un modo del tutto originale, Donny ha con lei un rapporto da “Sindrome di Stoccolma”, la odia ma le manca, ne ha bisogno. È come se lei riuscisse a guardagli dentro, come se scovasse la sua fragilità e lo avesse scelto come preda proprio per questo. E con ciò non si vuole colpevolizzare la vittima ma, riflettere sul fatto che, spesso, se si finisce in certe dinamiche è perché non si è lavorato su noi stessi e ci si butta, involontariamente, in pasto a persone pericolose anch’esse, ferite da traumi non risolti. Chi è stato vittima, e non elabora i suoi traumi, sarà carnefice in una infinita spirale di violenza.

Questa è la lezione che io ho imparato da Bay Reindeer che, tuttavia, tratta molte altre tematiche, quindi, vedetela e scovate anche le altre.

 

 

(10 maggio 2024)

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