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“Anne Nicole Smith – la vera storia”, su Netflix la vita della modella uccisa dalla fama

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di Giuseppe Enzo Sciarra
Gli anni ’90 e i primi anni 2000 sono stati tragici e terribili nella loro opulenza ostentata e pacchiana, nel nulla che hanno promosso a una generazione inferma nelle proprie nevrosi che si è nutrita di apparenza e idiozie credendo che negli anni avvenire sarebbe stata più ricca e che quella vita effimera basata sul culto del proprio ego poteva essere  l’arma vincente per essere qualcuno nella società.

Ricordo che da adolescente i modelli che i media ci suggerivano erano quanto di più becero e sciocco poteva esserci. Molti miei coetanei facevano leva sul gallismo italico e sulla loro deficienza – vivendo in una società che ti voleva stupido ed eterno vitellone più eri superficiale e ignorante e più andavi bene alla massa. Alcuni di questi personaggi famosi che ci venivano venduti come sciocchi e superficiali avevano una vita tragica perché gli veniva a volte imposto un personaggio e l’uso della propria immagine venduta dallo star system gli sfuggiva di mano, tanti infatti sono stati divorati dai media e i loro insulti in un perenne bullismo istituzionalizzato e accettato da tutti come nel casi di Britney Spears, la cui vita tutt’oggi porta i segni di quella violenza mediatica.

Faccio questa premessa sugli anni delle Top model, dei nuovi divi di Hollywood, delle boyband e delle girlband, dei reality show e più in generale di una cultura mainstream e pop usa e getta, per parlare di un personaggio figlio di quel nefasto periodo (fintamente) pre politically correct e sacrificato – come molti altri – sull’altare dello show business che immola da decenni vittime su vittime in nome del dio denaro, Anne Nicole Smith.

Con il documentario Netflix, “Anne Nicole Smith – la vera storia”, possiamo avere modo di conoscere cosa c’era dietro il personaggio patinato e sopra le righe della famosa modella degli anni 90, ovvero, la vita tragica di Vickie Lynn Hogan – suo vero nome – che scappata da un piccolo paese del Texas da un marito che non amava e da una madre forse violenta, si troverà prima a fare la spogliarellista per mantenere suo figlio di appena qualche mese e poi superstar su tutti i tabloid dopo essere diventata playmate di Playboy, ma soprattutto per avere sposato l’anziano milionario James Howard Marshall II, all’epoca ottantanovenne; tra i due, al di là dell’aspetto opportunistico del loro legame, si instaurerà un sincero affetto, un amore mentale più che fisico su cui verranno scritte tante scempiaggini e a causa delle quali la Smith finirà in tribunale trascinata dal figlio di Marshall II.

A rompere però l’incantesimo della favola del sogno americano che è diventato realtà nella vita della bellissima modella, fu quello che sarebbe dovuto essere  l’incontro che avrebbe dovuto cambiarle ulteriormente la vita, quello col padre che non aveva mai conosciuto – perché scappato di casa quando lei era piccolissima. Qualcosa in lei muterà radicalmente dopo aver incontrato un uomo diverso da quello che si aspettava, portandole via il suo sorriso radioso, i suoi sogni di ragazza del sud che voleva essere famosa come il suo mito Marylin Monroe e dare al suo bambino un destino diverso dal suo; Anne Nicole Smith cadrà improvvisamente nel tunnel della droga diventando tossicodipendente. A peggiorare una situazione di per sé difficile saranno i media. Quei media che avevano regalato il successo a Anne Nicole e che inizialmente l’avevano osannata, la perseguiteranno, la faranno a brandelli, ben consci della sua tossicodipendenza, lucrando sulle sue tragedie come la morte di quel figlio a cui avrebbe voluto dare una vita migliore, morto un giorno nel sonno ad appena vent’anni. D’altronde la lista di un sistema che fagocita miti e poi li distrugge è lunghissima: come dimenticare Lady Diana morta nell’estate del ’97 braccata come un animale dai paparazzi, Pamela Anderson messa alla gogna mediatica a causa di un sex tape che le era stato rubato, George Michael messo al rogo per la sua omosessualità dopo aver rimorchiato un poliziotto in un bagno pubblico a Los Angeles.

Negli anni ’90 e primi 2000 i media potevano (e dovevano) fare vendere copie dei giornali bersagliando l’immagine dei personaggi famosi con sfottò, persecuzioni giornaliere, pedinamenti, calunnie. Oggi si parla tanto di politicamente corretto e dei suoi effetti collaterali e ben venga quindi parlare di ciò che è giusto e non è giusto fare, rompendo le scatole su come è doveroso esprimersi e trattare tanto le persone comuni quanto quelle famose: come esseri umani che in quanto tali devono essere degni di rispetto. In quegli anni tutto era concesso. Anche il bullismo, anche la violenza, anche la misoginia, anche il razzismo. Il sistema si basava sull’odio e sulla mortificazione dell’altro.

Anne Nicole Smith morirà nel 2007 dopo aver messo alla luce una bambina e probabilmente suicida, a soli 39 anni. Con la sua morte inizierà un’epoca in cui si comincia a parlare degli abusi del mondo dello spettacolo, della speculazione degli organi di informazione sui personaggi famosi ma anche di come questo si è riflettuto nella realtà di tutti i giorni nei rapporti tra persone comuni influenzandone i comportamenti ed esasperandone l’ignoranza. Con questa morte si è chiuso in parte un modo di fare informazione sbagliato che oggi ahimè ritorna nei social e nel linguaggio d’odio che vi possiamo trovare, con la differenza che il problema almeno oggi viene affrontato e non negato come in quei decenni tanto meravigliosi quanto maledetti.

 

 

(27 maggio 2023)

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