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giovedì, Novembre 21, 2024

The Substance. Film di genere fuori, perfetto cinema d’autore dentro

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Questo film di Coralie Fargeat è uscito nelle sale italiane il 30 ottobre dopo aver vinto la palma d’oro a Cannes per la miglior sceneggiatura. È considerato un body horror, cioè un sottogruppo dell’horror in cui la paura è generata, principalmente, da deformità fisiche. Tuttavia, imprigionarlo in un genere non mi sembra corretto, dato che, in questo caso, il genere viene, magistralmente utilizzato, solo, al fine di creare una forte metafora. La trama si sviluppa intorno alla protagonista, interpretata da Demi Moore, che è una diva della tv e del cinema dal frivolo nome di Elisabeth Sparkle. La star, ormai cinquantenne, viene messa alla porta dal produttore della rete televisiva per cui lavora, interpretato da Dennis Quaid, per essere sostituita da una ragazza più giovane. Una trama volendo anche banale fino a qui, se non fosse che quel mondo dove è ambientato il film è un mondo che somiglia molto al nostro, ma non è il nostro. È un non- luogo dove sono assenti sia riferimenti a città precise che a periodi storici. Be in questo, ipotetico mondo, che somiglia al nostro ma non lo è, si può assumere una sostanza. La “substance” del titolo che è in grado di creare una versione migliore di noi, più giovane e forte. Elisabeth acquista il prodotto in modo del tutto asettico, lo ordina per telefono e lo va a ritirare in una specie di locker come un qualsiasi ordine Amazon. Quindi, la nostra protagonista è disposta, pur di tornare ad essere giovane e bella, ad iniettarsi una sostanza che non conosce, in completa autonomia e senza la supervisione di un medico. Perché, chiaramente, essere perfetti esteticamente è più importante di qualsiasi cosa, anche della nostra stessa salute. Una volta iniettata la famigerata sostanza dalla sua schiena, con un fenomeno da partenogenesi, nasce la nuova Elisabeth, che porta l’evanescente nome di Sue (interpretata da Margaret Qualley) ed è giovane, soda e sexy. La nuova e la vecchia versione si alternano una settimana a testa.

Le due, quindi, in realtà sono una, perché se vive l’una, l’altra è sopita, e viceversa.

Ovviamente, questa sarebbe la regola da seguire, anche perché ogni trasgressione dell’una comporta conseguenze sull’altra. Sulla trama non vi posso, chiaramente, dire altro, ma devo avvisarvi che questo è il film più disturbante che io abbia mai visto. E lo è non tanto per la violenza ed il sangue nelle numerose parentesi splatter ma, per il significato metaforico che ogni scena racchiude. Se, inizialmente, ho reputato alcune scelte fatte dalla regista e sceneggiatrice troppo forti, poi ho capito che era proprio questo il suo scopo. Scuotere il pubblico e le coscienze, portarci a riflettere sulla figura della donna sempre più martirizzata in un mondo basato solo sulle apparenze. Una donna che deve sorridere anche quando non c’è nulla da ridere, che arriva a odiarsi, a punirsi fisicamente perché non rientra negli standard fisici richiesti. Una donna che dopo una certa età scade e andrebbe buttata come merce avariata, secondo la mentalità di alcuni uomini che sanno solo sbavare davanti alla svampitissima ultima subretta televisiva.

Un film che è la nuova frontiera del femminismo: amaro, disturbante, geniale.

 

 

(13 novembre 2024)

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