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giovedì, Novembre 21, 2024

Kinds of kindness. Per nulla “gentile” come piace a noi

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di Laura Salvioli
Il 6 giugno è uscito nelle sale italiane l’ultimo film di Lanthimos. Il regista greco non ne sbaglia una. Ha sempre fatto parlare di sé per il suo stile originale, crudo e cinico. Questo film si sviluppa in tre episodi e ricorda “il vecchio Lanthimos” quello di “The Lobster”. Anche se, bisogna dirlo, “the lobster” è, per me, un film perfetto: Kind of Kindness forse no. Nei tre episodi gli attori sono sempre gli stessi ma vestono ruoli totalmente diversi. Nel primo il protagonista è Jesse Plemons che, con il suo viso inquietante a metà tra l’hamish ed il serial killer, sembra nato per fare film con Lanthimos. In questo primo episodio il protagonista segue gli ordini di un uomo, interpretato da Willem Dafoe, che gli dice tutto quello che deve fare nella sua giornata. Ha scelto per lui, perfino la donna con cui il protagonista è sposato. Poi, per una richiesta ritenuta eccessiva il loro rapporto si interrompe. E, questo, per il protagonista non è una liberazione, ma, anzi, lo porta in uno stato di spaesamento incontrollabile. Lui non sa più chi è senza qualcuno che gli dica cosa fare. Nel secondo episodio è sempre Plemons il protagonista ma divide la scena con Emma Stone che interpreta il ruolo di sua moglie, tragicamente dispersa in un incidente in mare. Quando la moglie viene finalmente ritrovata torna a casa ma lui è convinto che non sia lei. Infine, nell’ultimo episodio Emma Stone e Jesse Plemons sono membri di una setta e stanno cercando una donna in grado di riportare in vita i morti. In questo film Lanthimos torna a scrivere con Efthymis Filippou e si vede. Tornano preponderanti delle tematiche ed uno stile molto riconoscibili. Quello stile che mi ha fatto innamorare di questo regista. Irriverente, mai scontato e con quella vena di cinismo che demolisce costantemente l’idea sociale di coppia, di famiglia e di amore. Ecco io ci ho visto una riflessione, riuscita solo in parte, sulla nostra capacità di autodeterminarci e sul nostro rapporto con il bisogno. Capacità, a mio parere, strettamente, collegata con l’amore, inteso in tutte le forme. Siamo noi veramente a scegliere o, più spesso, è solo un bisogno cieco che ci porta a legarci a determinate persone? Quanti rapporti affettivi che viviamo sono in realtà malati? E quante volte quella che vediamo come una zona di comfort, in realtà è un vero calvario che solo noi percepiamo come una situazione di benessere?  E quante decisioni, relative alla nostra vita, prendiamo pensando si essere liberi mentre la società, esattamente come Willem Dafoe nel primo episodio, ci impone cosa fare? Non vi ho svelato come vanno a finire i tre episodi perché spetta a voi scoprirlo andando al cinema.

È un film non facile da seguire ma vi terrà attaccati allo schermo con la sua ironia sagace e le sue situazioni assurde a metà tra il distopico e l’horror e vi farà porre tante domande. Magari quelle che mi sono fatta io, o, magari, altre. Sicuramente non passerà inosservato. Lanthimos è come l’amico polemico presente in ogni gruppo, quello che deve smontare tutto quello in cui credete anche solo per il gusto di farlo. E noi lo amiamo così. Questo film non è perfetto; proprio come il nostro amico polemico è leggermente logorroico e dà così tanti input da risultare confuso. Tuttavia, meglio una leggera confusione, invece del piattume dei soliti film che, magari, risulteranno più pacati ma che, dopo due giorni, dimenticheremo.

 

 

(25 giugno 2024)

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